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PELLEGRINI, GIANNI

FERLIZZE

Barcode: 8032050013152 / Cat: AFMCD166 / 1 CD / Label: ALFAMUSIC

Il “ferlizze”, seggiolino fatto di fusti secchi e intrecciati, è un oggetto umile che in questo album diviene simbolo di una etnia foggiana, il terrazzano, che oggi non esiste quasi più. Personaggio anarcoide, esistito fino alla metà del Novecento circa, il terrazzano vive di raccolta e caccia, quasi mai sotto padrone, povero ma dignitoso, paziente e tenace. Questo lavoro discografico coglie e racconta in versi alcuni aspetti incredibile ed affascinanti di questa etnia, come la capacitò di vivere fin quasi ai giorni nostri in maniera pressoché primitiva, sviluppando diverse tecniche di caccia, perlopiù a volatili, in particolare alle taragnole (allodole). Il terrazzano possedeva inoltre una vasta conoscenza di erbe selvatiche commestibili, un’ottima padronanza dell’equitazione e trascorreva l’intera usa esistenza a stretto contatto con la terra e la pianura del Tavoliere. Monogami, fedelissimi al coniuge, devoti alla Madonna (in particolare alla Madonna dei Sette veli di Foggia) a Sant’Anna protettrice delle partorienti, fieri di essere senza padrone, i terrazzani hanno vissuto legati a filo doppio alla terra fin quando il Tavoliere di Puglia è stato utilizzato a pascolo, conservando vaste zone paludose. Ma l’utilizzo successivo delle distese sterminate a coltura di grano e le bonifiche di epoca fascista, hanno dato uno scossone a questa etnia ed ai suoi costumi, che con la Riforma agraria degli anni Cinquanta comincia il suo definitivo declino. Consumismo, globalizzazione, espansione urbana selvaggia hanno poi fatto il resto. Le storie di questo disco hanno spesso per protagonisti delle donne: la terrazzana è coraggiosa, fiera del suo uomo, selvaggia e sensuale, madre autoritaria e maschera tragica nell’abbandono di un figlio. Sulle sue spalle regge un mondo di sapienza e di accettazione del dolore e della fatica, ma anche un senso di continuità e di futuro, nell’immutabilità di una natura ostile e di una società che tiene ai margini la sua etnia, giudicandola l’ultimo anello della società. Un proverbio capovolto recita a Foggia: “I ferlizze annanze, e i segge arret”, ossia “ che scandalo: i (seggiolini) poveri davanti e dietro le sedie (buone)”. Ma in realtà il proverbio correttamente pronunciato è metafora del terrazzano stesso: “i segge annanze, i ferlizze arret”, ossia “ le persone per bene prima; i poveri, invece all’ultimo”. Il dialetto usato, nella sua forma linguistica e riproduzione fonetica, è un dialetto foggiano senza tempo e senza luogo, non ascrivibile quindi a nessun quartiere interno alla città e a nessuna epoca storica in particolare. Tuttavia sono recuperati termini antichi, non più frequentemente in uso nel dialetto attuale. ad esempio: sciaraballe, perazze, lampazze, bufe, schernuzze, jummenda, pellidre; rispettivamente: carro di campagna, pero selvatico, lampazzi, rospo, lucciola, cavallo, puledro. Il linguaggio musicale è vario ed esplora una grande quantità di repertori: dalla canzone d’autore al pop, dal rock alla pizzica perché non si vuole, qui, riprodurre filologicamente la tradizione musicale locale ma piuttosto presentare in un linguaggio moderno una favola antica.
Gianni Pellegrini

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