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RAMANI DR. N, HARIPRASAD CHAURASIA

TOGETHER

Barcode: 8021750808724 / Cat: FY8087 / 2 CD / Label: FELMAY

«Jugalbandi», così in India viene definito un duetto tra eminenti interpreti. Ma nello specifico, in Together si va molto oltre il semplice incontro tra artisti, pur se i protagonisti sono entrambi grandi personalità. Perché a confrontarsi sono stavolta due “filosofie”, due modi differenti di intendere la musica, quella Hindustani (India del Nord) e quella Carnatica (India del Sud). A rappresentare le due realtà musicali sono rispettivamente Hariprasad Chaurasia e Dr N Ramani, colti in una performance live registrata nel 1995 a Chennai, e universalmente considerati i migliori suonatori del loro strumento: il bansuri (o venu), termine con cui si indicano vari modelli di flauto traverso in bambù, strumento sacro a Krishna. Come sovente accade tra i musicisti classici indiani, anche Dr. N Ramani, nato nel 1934 a Tiruvarur, città situata nel Tamil Nadu, nel sud dell’India, proviene da una famiglia di suonatori. La sua formazione ha avuto un maestro d’eccezione, l’eccentrico e geniale Mali (scomparso nel 1986), che intuì le qualità di quel bambino e lo convinse a seguirlo a Madras (ora Chennai) per perfezionare e affinare la sua tecnica. Pur non rinnegando la bontà degli insegnamenti di Mali è bene precisare che l’arte di Ramani ha saputo evolversi e distaccarsi sensibilmente dal modello originario, sino a raggiungere un linguaggio raffinato e personale. Hariprasad Chaurasia, nato invece nel nord dell’India, ad Allahabad (Uttar Pradesh) nel 1928, è senza dubbio uno dei musicisti indiani più famosi anche all’estero. Trasferitosi prima a Benares e poi a Bombay dove studia con Annapurna Devi (già moglie di Ravi Shankar) è oggi uno dei più amati strumentisti in India. Ramani e Chaurasia presentano due raga. Il primo è il magnifico Hindolam carnatico, che ha un suo corrispettivo indostano denominato Malkauns. I due artisti riescono a trovare senza sforzo apparente un fecondo terreno su cui dialogare, sfruttando al massimo proprio le differenze (delle tonalità degli strumenti, degli stili) più che i punti di contatto, e il raga prende a poco a poco corpo in un fluire ininterrotto di splendide melodie, di colorazioni e di abbellimenti. L’incantesimo non viene spezzato nemmeno quando ampio spazio è lasciato alle percussioni (mridangam e tabla) che nella seconda parte vengono a occupare la scena, e si prolunga nel secondo raga, Pahadi, ricolmo di semplici ed estatiche atmosfere che paiono mettere direttamente in comunicazione con la natura, e dove Chaurasia e Ramani infittiscono ancor più il loro dialogo.


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